martedì, ottobre 30, 2012

Spiegazioni, premesse, mani avanti e Dumbo

Sono le nove e un quarto di mattina - circa.
Sono seduta al mio posto sull'11C Arcoveggio Giardini. Nelle cuffie risuona Stuck in the middle with you, degli Stealers Wheel, e mi guardo virtualmente Michael Madsen che muove qualche passo di danza, con in mano un rasoio, e taglia l'orecchio a Kirk Baltz. E penso che certe scene, per quante volte possa guardarle, mi fanno ancora drizzare i peli.
Non nel senso che l'orecchio amputato mi faccia schifo. Nel senso che, ogni volta, per tutto il tempo, mentre guardo Le Iene, mi viene quasi voglia di vomitare dall'ansia che ho per l'attesa di quella scena. Mi sembra che i minuti non passino mai, e, per quanto io goda nel fruire del resto del film, finché non arrivo a Stuck in the middle with you non mi sento veramente a posto.
E questo non mi capita solo con Le Iene.
Thelma & Louise si consuma nell'attesa del finale, e del pianto liberatorio che mi faccio. E dire che ormai lo so che finisce così.
A questo punto, il cervello sta andando per conto suo, e non mi accorgo nemmeno che la canzone è finita e che, al suo posto, sta scorrendo Song 2 dei Blur. E mi viene in mente Dumbo.
Dumbo non fa piangere.
Dumbo fa disperare.
In 1941 - Allarme ad Hollywood si vede qualche spezzone di Dumbo, e tanto mi basta per singhiozzare come se non vi fosse più speranza alcuna per l'umanità intera.
E mi viene in mente quando, da piccola, guardavo Dumbo con mia mamma, e piangevo e mi colava il moccio dal naso, e mia madre - che piangeva più forte di me - mi diceva: "Martina - sigh sob- , non piangere - sniff - , poi la liberano la mamma di Dumbo - sob sob sob".
E mi viene da ridere. Sull'autobus. In mezzo alla gente, in mezzo alla puzza, che ancora non ho capito se è la gente che puzza, se sono io o se è l'autobus. Ma mi fa schifo comunque.
E penso: certo che sono proprio ganza quando penso queste stronzate.
E ancora: certo che, da qualche parte, nell'etere, dovrebbe esserci uno spazio per le stronzate che penso quando sono ganza.
Questi pensieri che strabordano ego, appena nati in me, hanno radici che risalgono al 21 ottobre, giorno in cui la brava GUD ha pensato bene di scrivermi su facebook:

dai marti torna a bloggare.
io non so più cosa leggere.
 

Io, con due blog alle spalle, entrambi abbandonati a se stessi perché la voglia era passata, ho immediatamente capito che le lodi gratuite avrebbero fatto effetto, ed ho pensato quindi di non reagire e non cadere nel tranello.
Il seme è germogliato, Dumbo l'ha innaffiato, ed eccoci qui.
E me ne sto seduta, con le cuffie nelle orecchie, e penso.
A tutte quelle cose che mi hanno profondamente segnata e deviata durante l'infanzia.
Al fatto che, forse, non fosse stato per Dumbo, adesso sarei una persona diversa.
Alla censura ai danni dei cartoni giapponesi, che ci ha confuso le idee e le identità di genere, e che se avessero lasciato le nefadezze originali avrebbero creato qualche serial killer in meno, quelli che, come nelle mie peggiori e più classiche fantasie, tagliano le orecchie alle donne e le tengono in un secchio sotto il letto. E indossano le superga bianche.
Penso a tutte quelle cose che, per parlare con il linguaggio dell'internet contemporaneo, hanno colpito - e continuano a colpire, rigirando i coltelli come manco Jack lo Squartatore - right in the childhood.
E come si sia arrivati all'adesso l'avete già capito da soli.

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